Chiesa di S. Alessandro

Chiesa di S. AlessandroLa chiesetta, dedicata al più giovane dei tre Martiri, sarebbe eretta secondo la tradizione sul luogo dove sorgeva la cappella e l’abitazione dei missionari venuti dalla Cappadocia. È una costruzione romanica di estrema semplicità, allo stato attuale abbastanza manomessa e rovinata (a causa anche del progressivo abbandono e di alcuni interventi scriteriati effettuati nel passato, che ne hanno cancellato, dicono le fonti, la “vetustità”). Sulla facciata sono venuti alla luce di recente un S. Cristoforo monumentale (come è caratteristico sulla facciata di molte chiese, alpine e non, dato che la sua visione, possibile appunto anche da lontano, era beneaugurate per il pellegrino o il semplice fedele; ricordiamo che S. Cristoforo è considerato patrono dei “viaggiatori”) e una Madonna in trono, il primo più vicino al gotico e il secondo ancora al romanico. All’interno si scorgono tracce ormai illeggibili di altri affreschi (tra cui un “Ecce Homo” del XVII secolo originariamente all'esterno della chiesa, lungo la parete ad ovest, e alcune iscrizioni del XIV secolo).

Sempre all’interno è una statua lignea di S. Alessandro, offerta nel 1900 dalla gioventù di Sanzeno, e una pala, forse ancona dell’altare ormai scomparso, raffigurante sempre S. Alessandro (pittore ignoto, sec. XVII-XVIII).

Chiesa di S. Maria

Sulla strada verso S. Romedio, S. Maria è documentata come ospizio, detto di S. Marta e retto dagli Chiesa di Santa MariaAgostiniani dal 1236 al 1283, il che lascia supporre che l’edificio preesistesse, come casa destinata ai pellegrini, vuoi di Sanzeno, vuoi di S. Romedio. Nel 1244, chiesa ed ospizio passarono in possesso del convento degli Agostiniani di S. Maria Coronata sopra Denno. Nel 1283 ospizio e convento vennero infine trasferiti in possesso di fra Corrado da Tscheves dell’Ordine Teutonico. Chiesa ed ospizio vennero perciò chiusi, a causa probabilmente anche dello scemare del numero dei pellegrini che transitavano da queste parti. Tant’è che il vescovo Bernardo Clesio, in visita pastorale a Sanzeno nel 1537, trovò la chiesa di S. Maria in stato deplorevole e pietoso. Istituita nel 1553 la Confraternita del S. Rosario (nel 1606 questa venne approvata dal padre maestro generale dell’Ordine Domenicano; alcuni cappellani di Sanzeno, dal 1587 al 1590, furono frati domenicani: si capisce allora la presenza di motivi iconografici propri di questo ordine nella chiesetta, così come la stesa devozione al santo rosario), fu da questa a spese proprie restaurata e ampliata. A quest’epoca risale il portoncino rinascimentale in pietra bianca d’entrata. Fu quindi riconsacrata dal cardinale Madruzzo il 16 novembre 1616. Il campanile risale al 1747.

Dell’antica struttura conserva quindi solo poche vestigia, alcune delle quali emerse dopo recenti restauri (alcuni portali ormai murati, come quello visibile all’esterno, sulla parete ovest dell’attuale sacrestia).

All’interno fanno bella mostra di sé tre altari lignei finemente intagliati e decorati (e, purtroppo, depredati nel corso dei secoli…). Il maggiore, attribuito alla scuola di Simone Ramus (seconda metà del sec. XVII), è dedicato alla Madonna del Rosario, quello a sinistra al sogno di S. Giuseppe (la tela è di Antonio Zeni, 1678), e quello a destra ai genitori della Madonna, Gioacchino ed Anna (pittore ignoto, sec. XVII).

Il paliotto di cuoio punzonato e dipinto ad olio, inserito nel 1998 nell’altare di S. Giuseppe, si trovava nella basilica dei Santi Martiri, originariamente nella cappella delle reliquie, quindi antipendio dell’altare principale. È opera di maestranze venete o trentine, e risale a dopo il 1640. All’interno di una cornice lignea a fregi vegetali (probabile opera di Simone Lenner), sono dipinte le figure dei tre Martiri, collocate entro nicchie, tutti e tre con la dalmatica e la palma del martirio in mano, mentre solo Sisinio porta il segno iconografico proprio (il calice; ma poi è raffigurato inspiegabilmente imberbe, quasi il più giovane dei tre).

Il secondo paliotto del precedente altare della Basilica, è stato invece inserito nell’altare dei santi Gioacchino e Anna. Rappresenta la scena dell’Annunciazione, ed è attribuito alla bottega del Bezzi (olio su tela, seconda metà del sec. XVII).

Attualmente conservati in sacrestia, mentre in origine erano ai lati dell’altare centrale, sono altri due quadri: un “S. Francesco che riceve le stimmate” (ignoto, secolo XVII), e un “S. Antonio di Padova con Gesù bambino in braccio” (ignoto, secolo XVII-XVIII).

La presenza di questi due santi francescani si può forse spiegare da vari punti di vista. Intanto, nella Basilica dei Martiri, consta che all’inizio del XVII secolo vi fosse, alla destra di chi entra dal portone principale, un altare dedicato alla SS. Trinità e a S. Francesco. Poi, nel 1637 (ma non sappiamo per quanti anni l’usanza durò), viene introdotto il pellegrinaggio nella festa di S. Antonio di Padova, da Sanzeno alla chiesa dei frati minori di Cles, dedicata appunto a questo santo. Nel 1718 risulta regolarmente eretto in Sanzeno il Terz’Ordine Francescano. Dal 1574, infine, al 1579, risultano “cappellani” a Sanzeno, quattro frati minori conventuali: fra Matteo da Padova, fra Lorenzo da Novi, fra Benedetto e fra Paolo Pagani (nella tela di S. Antonio di Padova, questi è vestito con l’abito proprio dei conventuali, ed è raffigurato avendo sullo sfondo la famosa e riconoscibilissima basilica di Padova, officiata allora come ora da questo ordine).



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