Note

[1] E “Basilica”, seppur “minore”, la chiesa dedicata ai Santi Martiri lo divenne ufficialmente nel 1973, con decreto di papa Paolo VI. Una lapide all’esterno della cappella dei Martiri lo ricorda.

[2] Per molti anni i parroci della pieve di Sanzeno furono in realtà “commendatari”, cioè ricevevano la commenda pur risiedendo magari altrove (tale è per esempio nel 1318 il cardinal Pietro Colonna, che naturalmente risiedeva a Roma e che mai mise piede a Sanzeno). La cura d’anime era affidata di fatto ai cappellani.

[3] Cf. Gv 15,1ss. Ricordiamo di sfuggita che, secondo parecchi studiosi, anche il portalino romanico che all’eremo di S. Romedio introduce nella cappella di S. Vigilio, la più antica del complesso santuariale, e qui portato verso il 1200, proviene giusto dalla basilica di Sanzeno. In particolare le tre figure scolpite nell’architrave suscitano particolare interesse, perché forse antica raffigurazione proprio dei tre Martiri.

[4] Cf. Gv 10,7.

[5] Cf. Lc 1,78; Ap 22,5.

[6] Di proprietà della Basilica di Sanzeno, sono conservate al Museo Diocesano di Trento.

[7] Giambattista Lampi (1751 – 1830) fu discepolo dell’Unterberger, del veneto Lorenzi e del Tiepolo. Lavorò a Trento, Innsbruck, Varsavia, Pietroburgo, e infine a Vienna, dove morì. Celebre ritrattista, dipinse circa duemila ritratti.

[8] La devozione alla Madonna del Buon Consiglio di Genazzano fu portata a Sanzeno dagli Agostiniani, che verso il 1200 gestivano, presso la chiesetta di S. Maria, un ospizio per i pellegrini.

[9] Non deve stupire che questi affreschi, per quanto della fine del Duecento, abbiamo ancora carattere completamente romanico, perché in ambienti distaccati dai grandi centri si manifesta spesso un accostamento di opere di artisti locali “ritardatari” con altre di pittori forestieri di passaggio invece aggiornati alle novità dei centri artistici maggiori. Stesso discorso si può fare per gli affreschi della facciata della chiesetta di S. Alessandro, sempre a Sanzeno.

[10] «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo» (Gv 3,14).

[11]La prima è di carattere sepolcrale: «Anno D.ni MCCC indicione VI die Marcio obiit Dnus Enrigetus de (Banco?)… pro anima mea»; l’altra porta la data, che da quanto si può leggere, deve essere quella del 1273 o 1288.

[12] Qualcosa di assai simile è visibile nella chiesa di S. Vigilio a Tassullo.

[13] L’arca hinderbachiana porta la scritta, dettata da Antonio pievano di Revò: «Anno D.ni MCCCCLXXII – Die XXV Madii – sub altari vetusto – hoc in loco dirupto – repertae sunt reliquiae ss. Martyrum – S.ti Sisinnii, Martyrii et Alexandri – et a Joanne Epo Tridentino – in ara nova reconditae».

[14] Il reperto si trova nel Museo Ferdinandeum di Innsbruck. Un reperto simile venne trovato nel 1889 anche nella chiesa di S. Vigilio a Tassullo, dove si trovò ceneri miste a carboni ed ossa. Ricordiamo anche che, stando al verbale della ricognizione del 26 agosto 1472, tra le ceneri del rogo dei Martiri si rinvenne anche una lipsanoteca d’argento, che il vescovo Hinderbach si portò a Trento, della quale non si seppe poi più nulla.